“Per poter essere forte devi diventare un artista della parola.
Perché la forza dell’uomo é nella lingua,
e la parola é più potente di ogni arma”.
Phtaotep, “Ammaestramenti”
(V Dinastia, 4250 avanti Cristo)
Questo “ammaestramento” é stato ben compreso, circa 6.500 anni dopo Phtaotep, da mio padre che, pur non appartenendo alla V Dinastia, mi ha spinto fin dall’infanzia ad approfondire la conoscenza della “parola”. Aveva evidentemente già provato sulla sua pelle di operaio bergamasco con licenza elementare, inserito in una società ben lontana dai diritti che i lavoratori conquisteranno solo nei primi anni settanta, che il possesso del “sapere” era determinante nella conquista dei ruoli sociali e soprattutto per sviluppare quella capacità critica che consente di fare le proprie scelte senza condizionamenti ideologici.
Oggi che, con l’enorme sviluppo delle comunicazioni, tutti si rendono conto di quello che significa “potere dell’informazione”, esistono ancora anche nel nostro Paese settori professionali quasi totalmente privi di conoscenza su argomenti di importanza vitale (e non solo metaforicamente!).
Quella che viene definita “forbice culturale”, cioé la diversa velocità di crescita della cultura e della tecnologia, é un fatto molto pericoloso: questo secolo ha creato un’enorme quantità di tecnologie, che si sono diffuse senza che vi sia stata una parallela crescita culturale per gestirle in modo adeguato.
Il nostro settore non é esente da questa malattia; in questi ultimi anni ho tenuto corsi di formazione e aggiornamento professionale a cui hanno partecipato diverse centinaia di utilizzatori che lavorano sia in aziende artigiane, sia in industrie prestigiose. E’ stato sorprendente constatare che, a fronte di una capacità pratica eccezionale (che consente all’industria italiana di mantenere un ruolo di primo piano a livello internazionale), nel 90% dei casi la conoscenza delle prestazioni tecniche e ambientali dei prodotti e delle attrezzature impiegate nel lavaggio é bassissimo.
I simboli e le frasi di rischio delle etichette non vengono riconosciute, le schede di sicurezza non vengono comprese (complice anche un linguaggio indecifrabile), le principali caratteristiche di sicurezza delle macchine vengono ignorate (fidandosi, a torto, della presenza della marcatura CE): mancano insomma del tutto gli elementi che consentono di distinguere la pericolosità (e la qualità) dei prodotti impiegati.
Hanno così buon gioco quei “venditori di fumo” che, per continuare a fornire i loro pessimi prodotti, hanno tutto l’interesse ad avere clienti poco informati, giocando anche con la salute di chi lavora.
Per difendersi e per poter scegliere in modo razionale, bisogna conoscere gli elementi principali dei prodotti e degli impianti utilizzati e questo manuale tenta di colmare una lacuna in un settore in cui si sono sempre dati molti “consigli per gli acquisti” e poche informazioni.
Ho voluto approfondire in modo particolare gli aspetti legati alla sicurezza e all’ambiente, anche se il lavaggio non é un’operazione particolarmente rischiosa. Ritengo però che la questione ambientale sarà cruciale nel prossimo millennio, in quanto stiamo lasciando un’eredità pesante ai nostri figli, fatta da un mondo sovraffollato di abitanti e sempre più inquinato. Per evitare di cadere nella trappola dei profeti dei “prodotti ecologici” (finti ambientalisti mossi da motivazioni puramente commerciali), é necessario saper distinguere i diversi “segnali di pericolosità” e imparare a conoscere gli elementi essenziali che contraddistinguono i prodotti e le macchine. Bisogna soprattutto comprendere che esiste una profonda differenza tra prodotti pericolosi e “prodotti usati pericolosamente” (la sabbia, di per sé innocua, sparata da una sabbiatrice può provocare la silicosi ai lavoratori non protetti), come anche tra puzza e nocività (l’ossido di carbonio, inodore, é mortale, mentre l’innocuo mercaptano viene appositamente aggiunto al gas di città per far sentire a tutti, grazie al suo odore pungente, eventuali fughe).
Questo manuale é rivolto agli imprenditori che conoscono il valore dei loro dipendenti, agli operatori della prevenzione e ai consulenti che sanno quanto é difficile spiegare che il vincolo “oppressivo” delle leggi può essere trasformato in opportunità, ma soprattutto agli utilizzatori che riescono ad usare così bene ciò che non conoscono. Perché una società industriale non é fatta solo di macchine e prodotti: deve esserci soprattutto cultura e informazione diffusa, affinché abbiano sempre maggior peso i valori ecologici, etici, comportamentali e giuridici, che ci consentono di capire quando é il momento di invertire la rotta.